Di
Luzio: «L’opera è stata definita “Albero della Vita” ma non è
corretto, poiché è vero che essa si ispira alla simbologia
dell’albero della vita ma in realtà il suo vero nome è “Il Dono
Rosso”, come riportato anche sull’etichetta attaccata sull’opera
stessa. In questa scultura la vita è rappresentata attraverso
quattro steli che si propendono verso il cielo e che hanno un
particolare materiale metallico che in qualche modo riflette il mondo
circostante, gli edifici, il panorama, la luce. Queste riflessioni
avvengono in modo dinamico poiché gli steli si articolano verso il
cielo piegandosi, muovendosi e quasi fluttuando nell’aria. In
questo modo vengono rappresentate le varie sfaccettature della vita,
rappresentata a sua volta e definita da questi steli. La presenza di
una goccia di sangue all’interno degli steli sta a significare
proprio l’atto di donazione che può far risplendere la vita
attraverso una tale azione di generosità. La scelta di un elemento
di ispirazione è data dalla volontà di comunicare le ragioni che
spingono alla donazione stessa. Una volta individuata la simbologia
di un’opera, è necessario, però, trovare anche un linguaggio. Se
si vuole comunicare una qualsiasi emozione è possibile farlo tramite
linguaggi diversi e noi abbiamo scelto quello contemporaneo,
ovviamente difficilmente digeribile dalla cultura locale, molto
legata alle tradizioni e a un modo di fare sempre uguale e sempre
piatto».
Di
Luzio:
«Per quanto riguarda la questione costi, è chiaro che quando viene
commissionata un’opera c’è sempre un budget di riferimento.
L’opera in questione sarebbe dovuta costare come una lastra di
marmo con una goccia disegnata, ossia avrebbe dovuto avere un budget
molto limitato. All’interno di tale budget abbiamo dovuto muoverci
riuscendo ad ottenere il massimo dell’espressione dall’opera e
il budget è servito per pagare i materiali perché noi abbiamo
prestato la nostra professionalità in modo totalmente gratuito».
Era
possibile mettere un albero vero invece di una scultura?
Di
Luzio:
«A tal proposito, c’è stato un dibattito sul fatto di mettere o
meno un albero vero al posto della scultura. Inserire un albero vero
o alcun tipo di vegetazione non era possibile poiché sotto quel
pavimento ci sono le volte dei locali comunali. Noi, in un certo
qual modo, abbiamo fatto “crescere un albero” in un luogo dove
una pianta vera non ci potrà mai essere».
Di
Luzio: «Il dialogare di elementi contemporanei con elementi storici
crea una valorizzazione reciproca e questo è importantissimo poiché
fondamentalmente si tratta di due cose autentiche che si
confrontano, due cose appartenenti a due tempi diversi che in
qualche modo sono una figlia dell’altra. La storia finirebbe se
non si andasse avanti e si facessero le cose come venivano
realizzate una volta».
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